Il primo incontro con La Sierra, quartiere della Comuna 8 della città di Medellin, è avvenuto tramite il recorrido fatto con Julian, un ragazzo che oltre ad essere un abitante del quartiere è anche coordinatore del gruppo giovanile della Sierra. Dal suo racconto, quella che emerge non è solo la storia di violenza dovuta ai conflitti armati dagli anni ’60 in poi, ma è anche la grande potenzialità che ha questo territorio di cambiare la sua storia e la sua immagine davanti agli occhi del mondo.
La Parroquia Santa Maria de la Sierra è sicuramente un simbolo di questa potenzialità e ricchezza: costruita dagli stessi abitanti, è ciò che mostra il forte senso di appartenenza e comunità che le persone del barrio condividono.
La parrocchia offre alle ragazze e ai ragazzi del quartiere un luogo dove poter passare del tempo insieme e allo stesso tempo fare diverse attività: il Centro giovanile. Questa struttura è nata ormai da 5 anni grazie anche al supporto di Padre Meluso ed è, insieme alla comunità dei Giuseppini, diventata il punto di riferimento di molti giovani. Inoltre, nel quartiere ci sono due scuole pubbliche che hanno deciso di collaborare con ENGIM e la parrocchia in modo da coinvolgere più ragazze e ragazzi possibili nei diversi progetti promossi dal Centro.
Altri luoghi di aggregazione sono le due canchas, campi sportivi di cui uno coperto, nel quale ogni giorno si sentono pallonate che sfrecciano alla velocità della luce e gli schiamazzi tipici di chi è in una vera e propria competizione.
Dal 2007, inoltre, nasce alla Sierra la Corporación Sembrando en familia con la Casita de Rosita, luogo gestito da due donne, Rosa e Lina, che decidono, con il supporto della Parrocchia, di aprire un servizio di apoyo escolar per 60 bambini. Dal lunedì al giovedì vengono gestite delle classi dove si impartiscono lezioni riguardanti valori come l’empatia, la solidarietà e la non violenza, con anche pomeriggi dedicati alla matematica, alla manualità e alla scrittura. Oltre ai bambini, la Casita de Rosita si rivolge ad un gruppo di adolescenti ai quali vengono offerte attività volte a mostrare loro un mondo diverso da quello del quartiere che, prima della costruzione del metrocable nel 2017 e delle strade, era completamente isolato. Con i ragazzi vengono quindi organizzate uscite per andare alle università del centro o ai parchi che questo offre così da stimolare in loro un progetto di vita differente dal quotidiano.
Non solo, la Casita de Rosita ha aperto le porte anche alle donne del barrio con lo scopo di dar loro uno spazio dove poter fare laboratori manuali o parlare di diverse tematiche come quelle della relazione interpersonale, della sessualità e della famiglia.
Poco più su, dove finiscono le case, si estende il resto della montagna piena di verde dove è possibile ascoltare i versi di uccelli a noi sconosciuti in quanto europei. Qui ha sede la Fundación Hogares Claret, fondazione senza scopo di lucro che offre accompagnamento terapeutico alle persone affette dalla marginalità, violenza, consumo di sostanze psicoattive e/o problemi di condotta per offrire loro un reinserimento sociale. Tra le varie sedi, Hogares Claret ha aperto a La Sierra una comunità per ragazzi e ragazze dipendenti da sostanze psicoattive, comunità immersa nel verde degli orti e delle piantagioni di caffè. Non è solo una comunità però, è anche un luogo dove chiunque, con il giusto rispetto, può entrare e disfrutar della pace e della calma della natura.
Le potenzialità, come dicevo, sono tante, e La Sierra ha ben altro da raccontare oltre alla violenza passata. Ragionando con Julian, pensavamo a quante risorse ci siano qui per alimentare, tra le altre cose, un tipo di turismo sostenibile. Un turismo che non sia basato sulla storia romanzata della violenza del conflitto armato, ma sul senso di comunità delle persone del quartiere che ha permesso la nascita di progetti e luoghi che possono fare la differenza e sulla bellezza rurale che persiste e che lo rende unico rispetto agli altri quartieri della città estremamente urbanizzati. Un turismo che non sia consumistico, ma che sia un mezzo per far sì che il barrio si senta sempre più parte della città e che possa così beneficiare delle opportunità che questa offre.
In questa cornice, ciò che rallenta o quanto meno rende tortuoso il processo di riscatto del quartiere, è il residuo di una sorta di pedagogia mafiosa che persiste anche tra i più piccoli. Con pedagogia mafiosa intendo un immaginario violento che per anni ha permeato la vita degli abitanti della Sierra e che si rivela nell’iper-sessualizzazione tra i giovani, nel linguaggio violento, nella dipendenza emotiva, nel fascino del potere. In questo contesto allora diventa ancora più importante il lavoro educativo che ENGIM e le altre realtà elencate stanno facendo sul territorio, perché se è vero che non possiamo pretendere di cambiare i processi storici che sono in atto da anni è vero altrettanto che possiamo proporre una pedagogia e un progetto di vita alternativo a quello per anni raccontato e visto come unica possibilità.
Sono qui con le altre volontarie da nemmeno un mese e le informazioni sono tante, incluse le emozioni che si affollano nel petto e che scombussolano la mente. Nulla è stabile e certo in questo momento se non un sentimento che mi accompagna costantemente quando mi infilo nel letto: fiducia. Fiducia nelle mie compagne di viaggio, nella comunità e nella bellezza che sempre, nonostante tutto, persiste.