Agosto è di tradizione il mese del “Las cometas” (gli aquiloni) qui in Colombia: i venti raggiungono fino una velocità di 20/30 km orari e per questo tanto i grandi quanto piccini possono “disfrutar” di questa attività.
Al centro giovanile dove sto svolgendo il mio periodo di SCU è stata interamente dedicata una settimana alla realizzazione a mano del proprio aquilone, l’esposizione dello stesso a Hogares Claret, posto vicino al centro nonché più alto e ventilato, giochi e attività, e la premiazione dell’aquilone più bello, di quello che ha volato più in altro e… anche de “la mas fea”!
La domenica la chiesa ha realizzato, insieme alla comunità locale, un bazar dove sono stati venduti per lo più capi d’abbigliamento e vivande, ma sono anche stati organizzati dei giochi quali tombolate e bingo, spettacoli dove anche i ragazzi del centro insieme a un gruppo musicale del “barrio”, Codigo 8, si sono esibiti, un mini-contest de “la mejor pareja bailando salsa” (coppie spontaneamente formatesi durante il pomeriggio) e spazi perchè altri giovani del quartiere, anche aspiranti cantanti, potessero mostrare il proprio estro creativo.
La tradizione degli aquiloni pare assumere particolare importanza qui in quanto esso è un chiaro riferimento alla libertà.
Una band colombiana parecchio famosa tra giovani e giovanissimi, i Morat, partendo da questo tema, ha dedicato una canzone, appunto “Las cometas siempre vuelan en agosto”, a “Los líderes sociales”, del cui ruolo e rilevanza sociale son venuta a conoscenza una mattina in cui, assieme alle altre volontarie, siamo andate al “Museo della Memoria” di Medellin.
Los líderes sociales sono gente comune, persone particolarmente conscie del tessuto sociale, politico, culturale e economico della propria terra, sensibili alle sue difficoltà, che promuovono i diritti umani e che hanno scelto di esporsi per denunciare le ingiustizie, sovente mettendo a rischio la propria vita.
Oltre a ciò, spesso il loro unico compagno è il senso di solitudine e frustrazione del portare da soli il peso di una lotta che la presenza di gruppi armati locali, che puntano al controllo non solo territoriale ma anche sociale della zona, rende più difficile e che spesso anche dai piani alti, che non ascoltano le loro richieste, viene osteggiata. Altre ripercussioni evidenti del lavoro dei leader sociali sono la morte di amici e familiari, la paura permanente per le persone a loro vicine, che evitano di condividere la propria storia, il “desplazamiento”, cioè il dover forzatamente abbandonare la propria terra al fine di salvaguardare la vita.
Chi sta dietro l’uccisione dei lideres sociales? La risposta non è univoca: di fatto ci sono vari gruppi responsabili della violenza, cosa che rende difficile un’analisi globale della situazione, ma certamente molte sono le morti registrate nei dipartimenti colombiani dove più accesa è la contesa per il controllo del territorio tra diversi gruppi armati; tuttavia, è fondamentale capire che impatto abbia un tale assassinio sulla comunità.
Come nel caso di Cristina, avvocato e leader sociale, che morì in um’imboscata dopo aver denunciato la presenza di coltivazioni illecite e di gruppi armati, invitandoli a lavorare a fianco della giustizia per la pace, non solo alcuni gesti, ma determinate parole restano particolarmente vive e pulsanti nella coscienza di una comunità, nonostante i grandi cambiamenti sembrino tardare ad arrivare.
“Si nos quedamos callados no matan y si hablamos también nos matan, entonces mejor hablamos”, ovvero: “ Se restiamo zitti ci uccidono e se parliamo ci uccidono comunque, quindi tanto vale parlare”.
“Non si vive solo per respirare. Vivere è poter alzarsi e manifestare quello a cui ognuno anela e di cui ha bisogno. Vivere è poter agire per trasformare una situazione data. Vivere è poter costruire un mondo diverso. I leaders sociali lottano per il diritto a vivere, per il diritto all’esistenza. Questi leaders sono costruttori di pace e democrazia.”